TECNICIZZARE L’UOMO O UMANIZZARE LA TECNICA .
DISCORSO TAVOLA ROTONDA
TECNICIZZARE L’UOMO O UMANIZZARE LA TECNICA .
Prima di ogni cosa intendo rivolgere un saluto a tutti voi e un sentito ringraziamento a tutti i relatori per avere accettato il nostro invito per dibattere un argomento tanto attuale.
Il titolo che abbiamo scelto Tecnicizzare l’uomo o umanizzare la tecnica è certamente provocatorio ma ci da le linee guida sul tema centrale di questa sera e cioè VERSO QUALE MEDICINA.
Oggi viviamo in un’epoca in cui l’umanità rischia di essere dominata dalla tecnica , anche senza accorgercene,. sia a livello mentale trasformando la nostra intelligenza da problematica a dualica, per cui si rischia di ragionare come i computer con tre opzioni si,no,non so, sia modificando i nostri sentimenti.Infatti la tecnica ci riversa tutto il dolore del mondo e siccome il nostro sentimento reagisce solamente all’ambiente circostante per cui diventiamo apatici.
Rischiamo inoltre una solitudine di massa nel senso che rischiamo di dialogare solamente con il computer privandoci di quel rapporto umano che tante volte ci infastidisce ma che ci arricchisce di umanità.
Fortunatamente in questi ultimi tempi sempre più si dibatte il tema della tecnica e dell’uomo e non solo in ambito medico segno che l’uomo sempre di più avverte la necessità di umanizzare la propria esistenza.
Un aiuto ci può giungere dai filosofi i religiosi e gli artisti che come dice Galimberti devono essere il cibo della mente definendole PERIFERIE SIMPATICHE nelle quali ci si può rifugiare “ ma che non incidono sulle modalità che organizza la società.
Noi spesso ci rifugiamo in queste periferie simpatiche tanto è vero che da molti anni in tutti i nostri convegni abbiamo coinvolto filosofi e religiosi e cultori di terapie non convenzionali convinti come siamo della necessità della centralità dell’uomo e delle potenzialità terapeutiche di nuove tecniche.
Per introdurre il tema della Tavola Rotonda e mi riferisco più che altro alla domanda verso quale medicina bisogna sapere con chi o con che cosa abbiamo a che fare non tanto dal punto di vista biologico quanto da quello psicologico sociologico e morale e per questo devo fare un paio di considerazione.
DUE CONSIDERAZIONI
La prima e che oggi la medicina e quindi anche l’oncologia hanno fatto notevoli passi in avanti sia sul piano diagnostico che terapeutico aumentando il numero dei lunghi sopravviventi termine molto brutto che sta ad indicare quegli ammalati che sopravvivono 5 anni dalla prima diagnosi oltre a quelli ammalati affetti da altrettante malattie altamente invalidanti.
Oggi si calcola che in Italia ci sono circa un 1.300.000 ammalati di cancro per non contare gli ammalati affetti da altre patologie altrettanto invalidanti.
Una seconda considerazione è quella che ancora oggi ammalarsi di una malattia tumorale è diverso da una qualsiasi altra malattia , poiché il cancro suscita più delle altre patologie immagini perturbanti che coinvolgono l’emotività delle persone e anche dei curanti, in quanto ha assunto un significato catastrofico di male assoluto inguaribile può colpire senza preavviso e senza che si possa fare nulla per proteggersene e soprattutto perché compare con un vuoto esplicativo che lo rende privo di senso, assurdo, inumano.
Tutti noi sappiamo che non è vero in quanto da questa malattia si può guarire , dipende molto dalla tempestività della diagnosi e dal tipo di tumore.
Quindi questa situazione pone di fronte ad un’emergenza sanitaria non più procrastinabile sia per il numero di persone coinvolte sia per le conseguenza psicologiche connesse.
Infatti oggi sappiamo con certezza ,grazie alla letteratura psicologica e psicoanalitica degli ultimi vent’anni, quali sono i bisogni psicologici degli ammalati tumorali e chiarito la loro complessità in ambito familiare, lavorativo sessuale e relazionale in genere, pur tuttavia la medicina oncologica si dimostra piuttosto lenta , a comprenderli e a trattarli, legata com’è ad una concezione meccanicistica e dualistica dei rapporti tra mente e corpo.
SANITA’ DISAGIO
A fronte di questa emergenza oggi più che mai nella sanità si percepisce un disagio, mai riscontrato in precedenza, al quale contribuiscono molti fattori, che spesso ne rendono difficile l’identificazione e la REALTA’ OSPEDALIERA è l’espressione massima di questo disagio.
L’Ospedale dove ancora oggi è la malattia ad essere presa in carico più che il malato ed è il corpo l’oggetto degli interventi e delle cure; non riesce a riconoscere i bisogni umani del paziente ed è inadeguato ad accoglierli e a farvi fronte, al di là della buona o cattiva volontà dei singoli sanitari.
Nell’Istituzione Ospedaliera, oggi luogo privilegiato del “ determinismo scientifico medico”, prevalgono atteggiamenti di tipo molto primitivo che possiamo riassumere in paternalismo , infantilizzazione, autoritarismi nei confronti degli ammalati , relazioni regressive di conflittualità all’interno dei rapporti gerarchici e nei confronti dell’istituzione, in luogo di autonomia di giudizio e di decisioni resposabili ; interessi personale e smania di potere, invidie e chiusure difensive nei propri settori specialistici, al posto di una crescita di capacità relazionali di lavoro in comune, tutto ciò riduce l’efficienza , rallentano lo sviluppo delle attività e provocano disagio per i malati destinatari dei servizi e per gli operatori sanitari stessi.
Quindi c’e da chiedersi legittimamente come mai le istituzioni sanitarie nate per curare la persona malata fornendo non solo tecnologia ma anche servizi con elevata capacità i relazione umana e di solidarietà ,non solo non rispondono a queste esigenze ma producono essa stesse spersonalizzazione e disorientamento dei pazienti
Questo avviene fin dall’ingresso in Ospedale , quando il malato sperimenta la mancanza di informazioni di orientamento e deve sopportare l’insicurezza per l’assenza di qualcuno che stabilisca con lui un rapporto significativo.
L’accoglienza in ospedale è una cosa molto importante, che condiziona tutto il periodo di degenza o gli ulteriori ingressi. In questa fase un ruolo molto importante può essere svolto dal volontariato.
Per cercare una prima risposta a questa domanda la prima cosa da fare è intervenire sul RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE
RAPPORTO MEDICO PAZIENTE
Curiosamente a questo rapporto ,che deve avere com’è ovvio una assoluta centralità nell’ambito dell’esercizio della professione medica, in Italia non viene dedicata alcuna specifica trattazione nell’ambito dei corsi di laurea, mentre in altri Paesi , a questo relazione sono dedicati invece corsi pluriennali fin dal primo anno che riflette la grande importanza e la perdurante influenza sull’educazione dei futuri medici.
In Italia si pensa che bastino le capacità personali o imitative per condurre a buon fine tale rapporto, non tenendo assolutamente conto dell’ampia gamma di problemi dei quali è intessuto.
Fortunatamente da qualche anno sono nate delle associazioni come Psicologia e cancro, psicologia e tumori, Psicooncologia che trattano questi argomenti…….
Oggi il rapporto medico-paziente molto spesso è conflittuale vuoi perchè i pazienti pretendono dalla medicina la risoluzione i tutti i problemi dimenticando che pur avvalendosi di metodi scientifici non è una scienza esatta in quanto ha a disposizione strumenti ancora imperfetti come li farmaci, sia perchè i medici assumono molto spesso un atteggiamento difensivo e quindi la messa a distanza del paziente.
Infatti nel giro di pochissimo tempo siamo passati dall’affidamento incondizionato nelle mani del sanitario cui si delegavano tutte le decisioni sulla nostra salute , a un sospetto generalizzato nei confronti della sanità in generale e dei medici in particolare.
A peggiorare questo clima contribuiscono molto spesso i mezzi di comunicazione i quali spesso pubblicano le notizie con enfasi e con toni di sentenza usando un aggettivo Malasanità che ci accomuna al termine malavita , senza dare la possibilità ai medici di replicare. Oltre agli schieramenti politici che spesso cavalcano la sanità per ingenerare scontento verso la parte avversa.
Con questo non voglio difendere la mia categoria in maniera acritica,ma è anche doveroso sottolineare il clima che si vive nelle corsie ospedaliere dove l’atteggiamento inquisitorio, l’enorme mole di lavoro gravido di responsabilità personale le rende simili a trincee , dove la costante paura di comunicare cattive notizie, temendo di essere biasimati o considerati colpevoli, e il timore di fare scattare nel paziente una violenta reazione emozionale comporta un grave rischio di burnout.
Fondamento del rapporto medico paziente è la comunicazione, nei suoi aspetti verbali e non verbali, emozionali e comportamentali.
Il linguaggio , che lo strumento naturale del colloquio anamnestico , è anche il mezzo con cui il medico può accedere ad una comunicazione umana con il paziente . Le parola e l’ascolto della parola , cioè il dialogo , che stabilisce la possibilità di una comprensione reciproca, è il fondamento dell’attività medica , in quanto la valenza curativa diminuisce se il paziente non comprende il significato delle parole.
Tutti siamo d’accordo che bisogna dire la verità al paziente ma non tutti sanno come dirla senza togliere la speranza, ed è stato anche dimostrato che se insegnata, la comunicazione, può essere appresa e che se appresa aumenta significativamente l’efficacia diagnostica e terapeutica dell’azione medica.
CONCLUSIONI
Quindi per concludere il mio breve intervento posso dire che per l’umanizzazione della medicina non è un fattore di miglioramento della qualità di vita dei singoli o della qualità dei servizi sanitari ma deve essere parte integrante dell’operare medico alleato con il paziente che richiede come suo fondamento etico –psicologico , la salvaguardia ed il rispetto di tre fondamentali valori della persona
l’unità: l’uomo non può essere diviso
la dignità :l’uomo non può essere strumentalizzato
l’individualità : la soggettività dell’uomo non può essere ggettivata
Per tali motivi mi auguro che i nostri amministratori i medici e i pazienti capiscano l’importanza di questi aspetti della medicina ed attivino negli ospedali quei servizi indispensabili per tutti che sicuramente accelereranno quel processo di umanizzazione tanto invocato.