LE REGOLE PER UNA TINTARELLA INTELLIGENTE
ECCO LE REGOLE PER UNA TINTARELLA INTELLIGENTE.
Abbronzarsi si può. Anzi, si deve
Il sole, assicurano i dermatologi, fa bene e ha anche un effetto anticancro
MILANO – Non più il dito puntato contro il sole: la tintarella, assicurano i dermatologi, fa bene e ha anche un effetto anticancro. Dunque, sì all’abbronzatura, purché nel rispetto del buon senso e dell’intelligenza. Due e semplici sono le regole di base da rispettare:
• fare attenzione agli orari in cui ci si espone
• utilizzare una protezione solare.
«Il sole e l’abbronzatura – dice il presidente dell’Associazione dermatologi ospedalieri italiani, Patrizio Mulas – sono stati a lungo criminalizzati, ma va detto che, se «usato» con intelligenza, il sole ha importanti effetti benefici sulla salute e esercita anche un’azione antitumorale. Può invece diventare pericoloso – precisa l’esperto – se si eccede nell’esposizione».
«L’IMPORTANTE E’ NON SCOTTARSI» – Ognuno, dunque, deve essere sensibilizzato sulla necessità di limitare i raggi solari. Soprattutto in considerazione del fototipo a cui si appartiene. Attenzioni particolari vanno riservate ai tipi «rossi scozzesi», soggetti con carnagione bianca, spesso con efelidi, capelli biondi o rossi, occhi chiari, che non si abbronzano mai e generalmente si arrossano (quindi più sensibili perché meno protetti dalla melanina). «La prima raccomandazione – sottolinea Natale Cascinelli, referente del programma melanoma dell’Organizzazione mondiale della sanità – è non ustionarsi». Le scottature non vanno prese alla leggera perché, fra i principali fattori di rischio di alcuni tumori cutanei (quelli epiteliali, cioè basaliomi e carcinomi spinocellulari), c’è proprio l’eccessiva esposizione al sole in età infantile e giovanile, insieme a pelle e occhi chiari e a un elevato numero di nei. Frequenti e ripetute ustioni potrebbero, in questi casi, portare al formarsi di lesioni precancerose. «Infatti – precisa Cascinelli -, l’incidenza di questi tipi di cancro cutaneo si è rivelata maggiore in persone che lavorano all’aria aperta (come contadini o pescatori) e nelle aree corporee che vengono più spesso lasciate scoperte». Al contrario, non è stata dimostrata, a livello scientifico, una correlazione diretta fra i raggi ultravioletti e l’insorgenza di un melanoma, che fra l’altro è un tumore più frequente in zone del corpo normalmente meno esposte alla luce, come il tronco.
SOLE AMICO – In ogni caso, il sole resta un alleato della salute. Basti pensare alla vitamina D, che nasce da un derivato del colesterolo presente nello spessore della pelle. Quando i raggi ultravioletti battono sulla nostra cute, questa sostanza grassa di partenza si trasforma in vitamina D, preziosa nell’indurire il nostro scheletro. Così, secondo gli esiti di recenti ricerche, un’esposizione costante di due ore giornaliere diminuisce fino al 50 per cento il rischio di sviluppare tumore alla prostata, al seno e al colon-retto. La vitamina D, legata ai raggi solari, agisce anche contro malattie infettive, autoimmuni e cardiovascolari.
PER CHI CI TIENE ALLA PELLE – Prudenza è, comunque, la parola d’ordine. Una prima indicazione categorica vale soprattutto per i bimbi, per i quali l’esposizione nelle ore di punta (dalle 11 alle 15) dovrebbe essere evitata. Meglio quindi spostare le attività all’aria aperta in altri orari: i più indicati sono quelli del primo mattino e del tardo pomeriggio. Anche gli adulti, però, dovrebbero evitare le ore più calde e indossare indumenti protettivi, come cappelli e occhiali da sole, soprattutto nei primi giorni. Attenzione poi a ombrellone e bagni, come sottolinea Mulas: «Bisogna usare le creme protettive anche se si sta sotto l’ombrellone dove, comunque, arriva il 50 per cento dei raggi. E se si sta in acqua, perchè i raggi ultravioletti penetrano per un metro di profondità. Quindi, altro consiglio è utilizzare filtri resistenti all’acqua». Il rischio non si annida soltanto sulle spiagge. In alta quota, la barriera atmosferica s’assottiglia. E così la radiazione ultravioletta viene meno assorbita. Senza poi contare che il piano nevoso fresco, per esempio, è in grado di rimandare quasi l’80 per cento della radiazione solare (e la sabbia asciutta fino al 25 per cento). Ecco perché, tra i monti innevati, la tutela della pelle (e degli occhi) è d’obbligo.
I LIMITI DELLE CREME SOLARI – Sia chiaro, però: la vera difesa per la pelle non sono le creme solari, ma il senso della misura, tenendo sempre presente che non esiste al mondo una pomata capace di filtrare al cento per cento le radiazioni ultraviolette e, quindi, di assicurare una protezione assoluta. Nemmeno quelle destinate ai neonati e ai bambini. Dall’estate 2008, infatti, in tutta la Comunità europea è vietato pubblicizzare i prodotti per la protezione dai raggi ultravioletti con scritte del tipo Schermo totale o Protezione 100 per cento. E’ bene, quindi, non sentirsi troppo sicuri mentre ci si abbronza, prolungando i tempi di esposizione al sole estivo, perché sia i raggi Uvb (quelli che provocano le scottature ed eritemi) che gli Uva (quelli delle lampade abbronzanti), causa dell’invecchiamento prematuro della pelle e responsabili di macchie e rughe, sono sempre in agguato.
IL DERMATOLOGO, UN PREZIOSO ALLEATO – L’ultimo allarme in fatto di tumori della pelle prende il nome di cheratosi solare (o cheratosi attinica) e colpisce coloro che si espongono in maniera prolungata ai raggi solari o alle lampade abbronzanti. Secondo quanto emerso a Firenze dal congresso nazionale della Società italiana di dermatologia medica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (Sidemast), infatti, il pericolo principale di questa malattia è rappresentato dalla cute attorno al tumore, che può a sua volta trasformarsi ed espanderlo e nemmeno le operazioni chirurgiche di asportazione garantiscono dal rischio di crescita di nuovi nuclei cancerosi. Le persone predisposte sono i cosiddetti fototipi 1 e 2, che si scottano facilmente. Ma sono in pericolo anche coloro che passano molto tempo sotto il sole. La malattia colpisce oggi il 3 per cento della popolazione sopra i 50 anni, ma si sta diffondendo anche in quella fascia di persone fra i 40 e i 50 anni che non rinunciano all’abbronzatura neanche in inverno Anche per questo, almeno una volta della vita dopo i 30 anni, è bene fare un controllo da uno specialista. La prevenzione (per individuare la malattia «in anticipo» e intervenire tempestivamente) ancora una volta è fondamentale: bisogna fare attenzione a eventuali cambiamenti di colore o forma dei nei già esistenti o alla comparsa di nuove formazioni «strane».
Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)